Tutti conosciamo il dittatore Pinochet, un po’ meno il democratico Allende
Tutti conosciamo il dittatore Pinochet, un po’ meno il democratico Allende.
Roma 11 settembre 2013.
Il Collettivo Angelo Mai ha scelto di ricordare i quarantanni dal colpo di Stato in Cile. E lo ha fatto senza cerimonie né narcotici dibattiti, proiettando in anteprima italiana il film Allende, es una idea que asesinan! di Thomas Huchon e proponendo, nell’incantevole giardino in via delle Terme di Caracalla, istallazioni video, letture e sapori cileni.
L’ 11 settembre 1973 Salvador Allende, presidente del Cile, si è ucciso nel palazzo presidenziale della Moneda, a Santiago. Quel giorno, il generale Pinochet rovesciò il governo democraticamente eletto, per distruggere le politiche di giustizia sociale e laicizzazione che Allende stava portando avanti. Oggi la sua figura ispira le lotte del movimento studentesco cileno.
Cultura e ricerca artistica. Storia come atto vivo. “È una memoria che guarda al futuro” dice Gian Marco presentando la serata. È cura dei dettagli e poesia: una serata qualunque per chi frequenta l’Angelo. Ma una serata assai più rara nel resto del centro storico romano, dove gli spazi liberi dal profitto, dalla speculazione e dal denaro sporco sono sempre meno. Dove per fare due chiacchiere con un amico bisogna spendere una barca di soldi; dove i locali hanno dimenticato la bellezza e non hanno più programmazione culturale; dove ci sono dozzine di edifici inutilizzati, pronti a essere venduti per alzare i profitti delle lobby finanziarie o destinati all’abbandono perché il Sindaco non sa come riutilizzarli.
Per quanto riguarda il patrimonio, nelle prossime settimane, si gioca anche l’enorme partita delle caserme che il demanio sta per conferire al Comune di Roma per attività non orientate a operazioni finanziarie.
In questi spazi l’Amministrazione sarà in grado di prendere esempio dalle altre capitali europee ed avviare percorsi di rigenerazione urbana innovativi e partecipati?
Due giorni fa il Comitato cittadino per l’uso pubblico delle caserme ha chiesto che nella definizione dei servizi e delle funzioni a cui destinare le ex caserme, la partecipazione della cittadinanza non fosse solo uno slogan, ma pratica e metodo da concretizzare in forme di autogestione degli edifici da parte dei cittadini. Avevamo tante proposte e domande da fare all’Assessore alla trasformazione urbana, Giovanni Caudo, a cui avevamo chiesto formalmente audizione. Ma non ci ha ricevuto personalmente e i nostri quesiti sono rimasti irrisolti.
La Giunta ha cambiato colore, ma oltre a generiche affermazioni non ha ancora dato nessun concreto segnale di cambiamento. Il regalo di ferragosto che ha colpito Communia in Via dei Sabelli – lo sgombero – ne è la prova.
L’impressione è che l’Amministrazione non si accorga della vivacità artistica, della forza sociale e delle potenzialità che vivono negli spazi autogestiti dalla cittadinanza, dalle associazioni, dai collettivi e dagli studenti. O, per dirla in modo meno diplomatico, che di essa abbia timore.
Nel centro storico, a San Lorenzo, a Montesacro, a San Giovanni e a Cinecittà ci sono esperienze di occupazione che Comune e municipi dovrebbero ringraziare, perché suppliscono a mancanze pubbliche e sono un presidio sociale permanente contro crisi, angoscia, solitudine e precarietà.
In questi spazi si impasta il pane e si coltivano le rose. Si alimenta la memoria, si fanno giocare i bambini e si aprono sale studio per chi va all’università. Non mancano le criticità e le contraddizioni, ma ci sono anche le risorse per risolverle. Questi sono centri di mutualismo, di autoformazione, di sport popolare, punti di ritrovo intergenerazionali e teatri rinomati.
Per conoscerli, bisogna entrarci. Solo chi rimane fuori può sgomberarli o credere che la cultura possa crescere e l’arte vivere quotidianamente attraverso una gestione dall’alto.
pubblicato il 12/09/2013 su http://goo.gl/jEBgAq
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