«Ho difficoltà a parlare di una teoria del «gender» che non esiste – afferma Marco Silvaggi, psicologo dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma — Posso soltanto parlare di quello che sento dire».
E cosa si dice?
Che l’educazione alle differenze insegnerebbe ai bambini la masturbazione all’asilo o che devono scegliere di essere maschi o femmine, indipendentemente dal loro corpo. Ma questo non ha alcun fondamento rispetto a quanto viene fatto nelle scuole o, meglio, che dovrebbe essere fatto nelle scuole per quanto riguarda l’educazione sessuale e all’affettività. È assolutamente falsa l’idea che fare corsi alla sessualità spinga le persone ad avere esperienze sessuali più precocemente.
Cosa sostengono le ricerche scientifiche?
Le persone che ricevono corsi di educazione sessuale, sulle linee guida dell’Oms, hanno una maggiore consapevolezza della loro sessualità e tendono ad esordire più tardi nel comportamento sessuale e a farlo in modo più consapevole e lontano dei rischi. Chi non la riceve è vulnerabile rispetto ai media, alla pubblicità, alla rete con i film porno quando si è più grandi. Se a cinque anni si vede un film in cui il padre decide e la madre si adegua, il bambino sta comunque ricevendo un’educazione che parla di cosa sono i diversi generi ed è probabile che si adegui a modelli che inibiscono la parità e la possibilità di una libera espressione di tutti gli esseri umani.
Uno dei temi dell’educazione alle differenze è la battaglia contro gli stereotipi. Di cosa si tratta?
L’aderenza ai modelli di genere stereotipati è in grado di favorire la violenza di genere o l’omofobia. La minore consapevolezza delle persone porta i carnefici ad agire con un messaggio che non hanno elaborato ma solo accettato e le vittime a subire questi fenomeni perché meno consapevoli dell’esistenza di una realtà diversa fondata sul rispetto della diversità.
Quale dovrebbe essere il ruolo dell’istruzione pubblica?
Dovrebbe promuovere una cultura del confronto rispetto a temi come l’identità sessuale, di genere, l’orientamento sessuale che sono purtroppo ancora argomenti misteriosi per moltissime persone. Pensare a corsi che non siano di emergenza o di repressione degli effetti generati dalla mancanza di educazione sessuale, dalle malattie sessualmente trasmesse o dalle gravidanze indesiderate tra i più giovani. Dovrebbero durare per tutto l’iter scolastico fornendo ai giovani gli strumenti per considerare la sessualità una fonte di benessere, non di disagio o pericolo. Purtroppo la mancanza di mezzi, materiali e economici e una cultura assolutamente arretrata in Italia frena la possibilità di parlare liberamente di sessualità.
pubblicato il 19/09/2015 su Il Manifesto