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Scosse vs Covid-19

Da Team Scosse
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È molto difficile prendere parola in questi giorni in cui ognuna di noi è sommersa da mail, messaggi whatsapp, gruppi facebook.

È difficile prendere parola senza sembrare giudicanti o censorie, senza sommarsi alle migliaia di notizie, richieste, suggerimenti, gif e montaggi più o meno divertenti e più o meno amari.

È importante, però, restare in ascolto con curiosità, all’erta e sveglie, non smettere nemmeno per un attimo di continuare a monitorare iniquità, sopraffazioni e discriminazioni, contrastarle, cercare di trovare soluzioni, seppure a distanza, seppure indubbiamente oggi meno efficaci. Riteniamo importante, soprattutto, non dimenticare mai le relazioni, quelle che ora sono filtrate da schermi e microfoni, guanti e mascherine.

Non è un caso che Scosse abbia utilizzato sin dal giorno 1 della retorica del #iorestoacasa un “ma” alla fine, restiamo a casa ma: dove va chi una casa non ce l’ha? chi è in carcere e a rischio continuo di (ulteriori) discriminazioni e emergenze sanitarie? chi vive con un uomo violento? Come può restare a casa chi non può smettere di lavorare o non ha i mezzi per praticare il così tanto esaltato smart-working o l’ultramoderna Didattica A Distanza?

In una situazione ben più tragica della nostra (gli anni che seguirono alla Seconda Guerra Mondiale) Jella Lepman si è trovata con il compito di portare ai bambini e alle bambine tedesch* dei beni fondamentali e ha deciso che avrebbe portato loro dei libri. Solo ricostruendone la capacità di immaginazione sarebbe stato possibile, secondo Lepmann, ricostruire le loro vite e le loro quotidianità e far sì di non trovarsi, di lì a pochi anni, nella stessa situazione in cui l’Europa si trovava in quel momento.

Non siamo in guerra, non ci stancheremo mai di ripeterlo, anche se c’è chi si sente rassicurato/a da questo clima di emergenza e precarietà, dalla presenza di militari ben schierati in tv e da strade vuote di passanti, ma piene di polizia. Crediamo, però, che puntare sull’immaginazione e sul suo nutrimento sia l’unica cosa che possiamo fare, oggi, in questa situazione, per potercene servire a piene mani, proprio come suggerì Lepmann, nell’uscita da questo stato di sospensione.

Per questo prendiamo parola ora per condividere oltre noi riflessioni e questionamenti, ragionamenti in divenire, timori e tentativi di ricostruire prospettive di questi due mesi. Senza volerci semplicemente lanciare in una inutile e sterile invettiva contro i mezzi tecnologici, le chiamate video, gli incontri virtuali, i suggerimenti  di attività e le proposte online.

C’è evidentemente una sovrapproduzione di contenuti, un’ansia di colmare vuoti, di offrire strumenti, di intrattenere e anche spesso di apparire e mettersi in mostra. È anche evidente che i contenuti superano l’attenzione e la possibilità di fruirne delle famiglie, oltre al timore che questo possa, a fianco all’azione di sostegno, generare un senso di inadeguatezza, di mancanza di autorevolezza e delegittimazione rispetto alla qualità degli interventi che possono essere spontaneamente messi in atto da genitori, insegnanti o educatrici, che è bene tenere in considerazione.

Ma in questa sovrapproduzione rivolta all’infanzia ci sono molte cose belle, di qualità, fatte con impegno e professionalità che non è nostra intenzione stigmatizzare.

La qualità, come sempre, è per noi un discrimine fondamentale.

E poi ci sono i tentativi, tutti encomiabili, di educatrici e insegnanti di mantenere la relazione e il contatto con i propri bambini e le proprie bambine e preservarne le routine. Siamo tutt* concordi nell’evitare telefoni e computer nella fascia 0/3, è pur vero però che questa è una situazione difficile, lunga, sospesa, tante famiglie fanno ricorso a quei mezzi e che per tutt* sono diventati la finestra da cui si intrattengono le relazioni di maggiore prossimità (nonn*, amic*, affetti vicini e lontani), allora sentire una storia familiare raccontata dalla propria educatrice o aiutare un genitore con qualche proposta di attività, può per molt* bambine e bambini essere rassicurante. In particolare la fascia 0-6, e soprattutto quella 0-3, continua a essere quasi del tutto abbandonata a se stessa, relegata alla sola necessità di svago all’aperto per bambine e bambini e/o difficoltà di conciliazione per le famiglie, restando marginale nella valutazione, analisi e proposta politica.

Un discorso a parte, meritano la scuola dell’obbligo, dalla primaria in su, e le difficoltà enormi di insegnanti e professor* e anche di moltissime famiglie: siamo in questo momento chiamat* a riflettere e ad agire sulla disomogeneità assoluta delle esperienze e delle possibilità. È qui, in una didattica a distanza priva di una visione d’insieme, affidata esclusivamente alle competenze e alla fantasia di insegnanti e alunn*, che vuole normalizzare, senza metterla in discussione, una situazione di assoluta criticità, è appunto qui che si riproducono, all’ennesima potenza, le disuguaglianze e le marginalizzazioni.

Da anni ci occupiamo di educare alle differenze, contrastare disuguaglianze e stereotipi, promuovere l’espressione di emozioni e di identità libere e serene, di valorizzare il confronto e le relazioni, proprio  per questo oggi dissentiamo da questo sovraccarico, Ciò che ci sentiamo di condannare è il richiamo all’unità per affrontare un’emergenza che, passando anche per applausi in balcone e canzoni nazional-popolari, nasconde provvedimenti economici e sociali criminali e dimentica le persone che restano completamente stritolate da questo meccanismo: le lavoratrici e i lavoratori che non hanno la certezza di rientrare a lavorare in sicurezza, le donne che subiscono, ora più che mai, violenze proprio in quelle case che vengono narrate come sicure, le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi che nella scuola trovavano un luogo protetto di costruzione di relazioni e di apprendimento, a volte di sostentamento, e che ora ne sono privat* perché non possono, non vogliono, non riescono a connettersi per seguire le lezioni, non possono parlare con le compagne e i compagni, non possono mangiare a mensa, sono usciti dal cerchio e sono assolutamente invisibili e senza voce.

Tutte queste considerazioni hanno avuto bisogno un tempo per essere elaborate e organizzate, perché ognuna di queste nasce da un’esperienza collettiva che possiamo definire traumatica. La brusca interruzione di quelle abitudini, insieme occasione di socialità e spazio di crescita e formazione, ci ha posto di fronte la lunga serie di problematiche sociali, economiche e psicologiche a cui abbiamo fatto riferimento e di cui il mondo di domani dovrebbe tenere conto. Quanto stiamo vivendo ha fatto emergere la necessità di porre il tema dell’educazione e della scuola, oltre che della sanità e dell’economia, al centro di un disegno strategico per il paese che vogliamo. Uscire dalla logica dell’emergenza dunque, per dare alle enormi inadeguatezze di oggi, una risposta complessiva, una visione di società tutta da costruire e che al momento non vediamo!

Al netto delle raccomandazioni delle e degli espert* scientifici, del limite alla diffusione del contagio e della salvaguardia del sistema sanitario, è necessaria una scelta di campo, politica, non neutrale, che metta al centro del “sistema paese” il mondo della scuola e della formazione di qualità; che dia risposte a bambin*, ragazz*, famiglie, educatori/trici, insegnanti e società civile tutta su quando ripartiremo; che dica come verranno organizzate in sicurezza le attività educative, come la scuola sarà in grado accogliere e supportare lo spaesamento e i traumi di questi mesi vissuti da tutti e tutte coloro che quel modo, a vario titolo, lo abitano.  

Intanto, lasciamo che il tempo scorra lento, che la noia incroci la fantasia e produca il nuovo, cerchiamo di trovare forme di agio nel disagio. Pensiamo alle piccole cose e ai gesti più elementari della vita quotidiana: lì si nasconde la risposta più stimolante e ricca su come trascorrere insieme le giornate e come immaginare il nostro futuro, quando saranno anche i corpi, adulti e bambini, a tornare in contatto, a ritrovarsi, a relazionarsi e sperimentarsi forse con modalità inedite.

Cogliamo l’occasione in questo testo di presentare una breve raccolta di articoli, siti, video e brevi pubblicazioni che ci hanno fatto riflettere, discutere, ragionare. In sintesi, pensare. Consapevoli che gli articoli qui proposti rappresentino una raccolta parziale e lacunosa, non condivisibili tutti in toto, gli spunti proposti sono stati per noi occasione di ragionamenti, riflessioni e idee sul nostro futuro come associazione, militanti e attive nella comunità educante, oggi e domani.

Scarica la rassegna stampa di Scosse!

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