«Come sei carina, da grande farai la modella…». Lei, 11 anni, in realtà, sogna di fare l’astronauta e prova disagio nel tradire le aspettative di altri, basate sugli stereotipi di genere. A dieci anni invece c’è chi vuole giocare a calcio, ma ha paura degli insulti sessisti. L’omofobia, poi, è uno spauracchio così forte che colpisce ogni diversità. «C’era un ragazzino che giocava a basket, ma si vergognava a piangere davanti ai compagni se perdeva una partita, perché altrimenti gli dicevano che era “fr..”. Mentre il termine “lesbica” resta un insulto».
Dentro la vita dei bambini delle scuole elementari e dei ragazzini delle medie, tra paure, solitudini e disagio interiore per educare alle differenze, contro gli stereotipi. L’educazione sentimentale serve anche a questo, a «imparare a dialogare, a gestire la rabbia, a sviluppare relazioni in modo sereno al di là dei pregiudizi, degli stereotipi di genere». Prima di ogni percorso si parla con i genitori e con i docenti. Secondo molti per combattere la violenza di genere, quella che poi sfocia nel femminicidio, è fondamentale introdurre l’educazione sentimentale nelle scuole.
A Roma partirà il progetto «ABC, Alfabeti per l’educazione sentimentale» in 11 scuole pubbliche grazie alla collaborazione tra il I e III Municipio, con l’associazioneS.CO.S.S.E. (Soluzioni Comunicative, Studi, Servizi Editoriali) e Aidos. «Ogni percorso prevede 16 ore con gli studenti, si va dalla quarta elementare fino alla terza media, tre incontri con i docenti e due con i genitori – spiega Monica Pasquino presidente dell’associazione S.CO.S.S.E. – la presenza dell’educazione sentimentale nelle scuole è importante per il ruolo che ha e perché rispecchia i problemi che esistono nella società e in un certo senso li anticipa. Nei laboratori si gioca, si approfondisce la conoscenza di se stessi e degli altri, si parla di emozioni, si combatte contro gli stereotipi di genere». Quegli stereotopi tossici per la costruzione della propria identità libera, quelli secondo i quali, banalmente le femminuccie vestono di rosa, i maschietti di celeste. Anche i colori, insomma, rafforzano i pregiudizi.
«Il dialogo – aggiunge – nella preadolescenza è molto importante, ma non si ha più il tempo per parlare, per sviluppare relazioni». Tra le tante iniziative dell’associazione c’è “Leggere senza stereotipi”, «una sorta di catalogo ragionato che proponga un immaginario libero da stereotipi di genere e non solo» spiega l’associazione.
«L’Europa sta investendo molte risorse sul tema della violenza di di genere e sul bullismo e noi abbiamo avuto e stiamo avendo l’opportunità di lavorare in tandem con le associazioni S.CO.S.S.E e ora AIDOS – ha spiegato Sabrina Alfonsi, minisindaco del I Municipio – Mi auguro che anche in futuro vengano coinvolte sempre più istituti, perché il contrasto al bullismo e alla violenza di genere parte dall’educazione. La cosa più importante che possiamo fare noi adulti, come genitori e come istituzioni, nei confronti delle bambine e dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze, è tornare a privilegiare il dialogo, a parlare con i nostri figli, allievi, studenti, permettere loro di pensare se stessi e gli altri in termini di parità – ma soprattutto, tornare ad ascoltarli». «La violenza maschile cresce e fermenta in questo modello culturale, il modo migliore per scardinarlo è l’educazione e luogo migliore è proprio la scuola», ha detto Claudia Pratelli, assessore alla scuola del III Municipio.
Tra le tante storie che Pasquino ricorda c’è quella di una ragazzina che veniva bullizzata a scuola perché non vestiva alla moda. «Diceva che non voleva acquistare abiti firmate per ribellarsi agli stereotipi, per non omologarsi. Invece, durante uno degli incontri in classe è scoppiata a piangere e ha detto: “Da quando è morta mamma, papà ha meno soldi e quei vestiti non posso comprarli….”».
Pubblicato il 14/06/2019 su www.ilmessaggero.it