Educare alle differenze. In Italia esiste un movimento che non si accontenta di una circolare della Ministra Giannini che nega l’”ideologia gender” ma si dimentica di affermare che il genere esiste eccome
di Monica Pasquino
Forse il Paese è migliore di quello che ci raccontano i media e i genitori sono meno sciocchi e creduloni di quanto certe campagne d’odio sembrano insinuare. Forse gli insegnanti non hanno dimenticato la libertà di insegnamento e i dirigenti scolastici riconoscono ancora il confine tra il ruolo della famiglia e quello che concerne la scuola, strumento essenziale per la costruzione della cittadinanza e del pubblico.
Questa è la prima considerazione che serpeggiava tra insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, genitori, docenti universitari, esperti/e in studi umanistici e scienze sociali, case editrici, femministe e attiviste/i lgbt, protagonisti a Roma di Educare le differenze, due giorni di scambio di buone pratiche incentrati sulla valorizzazione delle differenze, il contrasto alla violenza di genere e al bullismo omofobico dentro e fuori la scuola.
Il successo della seconda edizione di Educare alle differenze non è fatto solo di numeri, ma di collaborazioni, reti e competenze che si intrecciano. Testimonia che pur nell’assenza quasi totale di fondi e in un clima di generale ostilità culturale, esistono associazioni e insegnanti che sviluppano quotidianamente progetti di grande interesse per la valorizzazione delle differenze, la scuola multiculturale e meticciata, l’educazione sentimentale, la prevenzione e il contrasto delle violenze legate al genere e all’orientamento sessuale e di ogni forma di discriminazione e sopraffazione.
E’ questo il “mondo vitale” della scuola, generoso e plurale, attento ed esigente. Non rimane passivo a guardare la furia dei movimenti estremisti che prendono le mosse dal discorso del 21.12.2012 di papa Benedetto XVI, in cui il pontefice condannava la “nuova filosofia della sessualità” espressa dal “lemma gender”, che contraddice il racconto biblico della creazione, secondo il quale “appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina”. Non si lascia sedurre dalle poche righe della controriforma dedicate al’educazione di genere né smette di lottare contro la buona scuola di Renzi.
Non si accontenta di una circolare della Ministra Giannini che nega l’ideologia gender ma si dimentica di affermare che il genere — inteso come sistema di pratiche sociali e culturali che assegnano ruoli, potere, funzioni e opportunità diverse agli individui in base al loro sesso di nascita e al loro orientamento sessuale — esiste eccome. Ma sa bene che le differenze si intersecano e sono “un bene indivisibile”, che tutte devono essere protagoniste nelle forme e nelle pratiche pedagogiche e educative dell’inclusione in classe, altrimenti non lo sono nessuna. Ha imparato che nominare le parole ha un valore inestimabile, per questo per parlare di bullismo non rinuncia a connotare una violenza specifica e a parlare anche di bullismo omofobico. E’ pronto a rifiutare discorsi istituzionali e soluzioni politiche al ribasso, proponendo delibere ed azioni specifiche agli enti locali.
E’ un mondo vitale maturo e consapevole, che chiede di sedere al tavolo di chi stabilirà le linee guida della scuola di domani. E’ un arcipelago di ricchezza stanco della competizione reciproca per qualche euro messo a bando dalle istituzioni, annoiato dall’isolamento permanente, determinato a unirsi in un progetto culturale e educativo di lungo raggio, dedicato a difendere la scuola pubblica e a valorizzare le differenze.
pubblicato il 21/09/2015 su Il Manifesto