Famiglia plurale. Quando la scuola fa la differenza.
Nei primi tre anni di vita, i bambini diventano man mano consapevoli dell’esistenza di tutto un mondo intorno a loro, composto da oggetti, spazi e persone; imparano a distinguere i volti familiari da quelli estranei, e da qui acquisiscono il concetto di “famiglia”; apprendono che non tutti hanno il corpo fatto nello stesso modo, che per esempio esistono maschi e femmine, e che non tutti hanno la pelle dello stesso colore. E così via.
Questo stadio della prima infanzia pone basi fondamentali per definire come ognuno imparerà a percepire se stesso/a e gli altri. Tuttavia, «la fascia di età da 0 a 3 anni è spesso sottovalutata nei percorsi formativi per insegnanti ed educatori, destinati piuttosto a chi lavora “dalla scuola materna in su”». A parlarmi è Giulia Franchi di Scosse, associazione di promozione sociale che ha sede a Roma e si occupa di tematiche di genere, pari opportunità e valorizzazione delle differenze attraverso campagne di comunicazione, servizi editoriali, l’organizzazione di eventi e convegni, l’erogazione di percorsi formativi.
Ho scoperto il loro lavoro nel mio peregrinare sui social network, capitando sulla pagina Facebook dedicata a Flashbook – Letture a ciel sereno, flash mob di lettura ad alta voce che si è svolto a marzo in diverse città italiane. Come mi spiega Giulia, l’evento è nato in appoggio a un progetto che Scosse sta portando avanti da qualche tempo.
«Leggere senza stereotipi consiste nella creazione di un catalogo bibliografico di letteratura per l’infanzia sul tema delle differenze, un work in progress in continuo arricchimento che al momento si compone di 85 titoli. Sono testi che abbiamo scoperto studiando in modo approfondito la letteratura per l’infanzia, entrando in contatto con case editrici, scrittori e organizzatori di eventi di settore, come la Children’s Book Fair a Bologna. Molti testi del catalogo sono divenuti parte integrante dei progetti didattici: il nostro principale strumento di lavoro è l’albo illustrato, le attività di laboratorio occupano dunque uno spazio preminente rispetto alla teoria».
Lo studio di questo filone letterario si accompagna al secondo progetto di Scosse, distinto ma complementare. «Ci era già capitato di fare formazione a educatrici di nido, servendoci dello strumento dell’albo illustrato. Sulla base di questa esperienza, abbiamo partecipato a un bando del Comune di Roma con il progetto La scuola fa differenza, in collaborazione con Archivia, l’archivio bibliografico della Casa Internazionale delle Donne di Roma. Il progetto è stato selezionato ed è diventato parte della formazione obbligatoria per insegnanti di asili nido e scuole dell’infanzia: stiamo lavorando con 17 istituti scolastici, per un totale di circa 200 insegnanti. Si tratta di persone che provengono da background e sensibilità differenti, ma l’interesse è stato molto forte, e buona parte di loro ha chiesto di concentrare il percorso formativo proprio sulla letteratura per l’infanzia».
Come si legge sul sito del Comune di Roma, «nel corso degli incontri, i partecipanti sono invitati a interrogarsi sulle rappresentazioni femminili e maschili e sul linguaggio che si utilizza quotidianamente nelle pratiche educative, analizzando gli elementi che possano favorire discriminazioni di genere e bullismo. Obiettivo, promuovere fin dall’infanzia una “cultura del rispetto”».
I testi della casa editrice Lo Stampatello, fondata da una coppia di mamme, ma anche il Catalogo dei genitori di Claude Ponti o Cosa fanno i bambini / Cosa fanno le bambine di Nikolaus Heidelbach sono esempi più che esaustivi per comprendere i temi su cui si fonda il progetto.
La lettura dei testi si accompagna alla discussione relativa ai ruoli e alle identità di genere, e alla comprensione del concetto di “famiglia” nella sua pluralità. Questo aspetto ha provocato il dissenso di chi ritiene che simili percorsi possano generare confusione o ideologie contrastanti rispetto al concetto di “famiglia tradizionale”, ossia quella formata da una coppia eterosessuale (un esempio è la lettera che il movimento politico cattolico Militia Christi ha inviato ad alcune scuole dell’infanzia romane).
«Le manifestazioni di dissenso ci sono state, ma ci teniamo a precisare che sono tutte avvenute al di fuori dell’ambiente scolastico. La risposta che abbiamo finora riscontrato da insegnanti e famiglie è invece molto positiva, più di quanto ci potessimo aspettare. Le persone che frequentano i laboratori si confrontano ogni giorno con bambini che crescono nei più diversi tipi di famiglia, e sono alla ricerca di strumenti per affrontare ogni situazione nella maniera più corretta e rispettosa possibile. Che il punto non è prendere una posizione ideologica sulle famiglie omogenitoriali, sulle famiglie allargate, sui papà casalinghi e le mamme che lavorano, su chi ha scelto l’adozione, sui genitori single, ma prendere atto che queste realtà ci sono già. Quando si parla di “modelli differenti di famiglia” si pensa subito alle famiglie omogenitoriali, ma ci teniamo moltissimo a sottolineare che questa è solo una piccola parte della pluralità di modelli familiari che esistono oggi nella nostra società».
Il laboratorio è ancora in corso, ma già si pensa al futuro. In primo luogo, il rapporto con le famiglie: se molti insegnanti dimostrano sensibilità nell’educare i bambini al riconoscimento e al rispetto delle differenze, questo stesso percorso educativo viene mantenuto quando, ogni giorno, i bambini tornano a casa dalle rispettive famiglie? «In La scuola fa differenza non è previsto un contatto diretto con i genitori dei bambini, ma abbiamo ricevuto segnali molto positivi anche da parte loro. Addirittura, alcuni di loro ci hanno contattate per chiederci di portare il nostro lavoro anche nelle scuole dei loro figli».
In secondo luogo, ma non meno importante, emerge la necessità di fare rete con tutte quelle realtà e associazioni che lavorano a progetti analoghi nelle scuole italiane, anche di grado superiore. «Saremo anche a Genova, probabilmente a maggio, per un evento in collaborazione con l’associazione Usciamo dal silenzio».
Marta Traverso
pubblicato il 12/04/2014
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