Educare alle differenze: impressioni di Claudia Urbani
Passato un po’ di tempo, tornata alla quotidianità del lavoro e della routine , rimesse in ordine un po’ di idee e di emozioni , mi prendo il tempo per mettere nero su bianco qualche impressione riguardo alle due giornate romane di “Educare alle differenze”, organizzate e promosse dalle associazioni Scosse, Stonewall e Progetto Alice per il 20 e 21 Settembre.
Ho aderito all’iniziativa come professionista che opera in una piccola realtà di provincia, felice di esserci e rasserenata dalla presenza di una rete che inizia a muoversi sui temi dell’educazione alle differenze, andando oltre le solitudini operative di ognuno di noi, professionista o associazione che sia, a prescindere dai territori in cui si svolge la propria attività. Sebbene alcune realtà territoriali siano più ostiche e resistenti di altre, l’impressione è che, tolta qualche situazione fortunata, chi si occupa di educazione alle differenze e di educazione al genere, a vari livelli (da quello della scuola a quello dell’educazione permanente) si trovi a farlo con poche risorse, qualche legame di rete, con pochissimo riconoscimento a livello istituzionale e risorse formative strappate alla poca letteratura in materia, spesso assemblate in base alla sensibilità e alla creatività di chi decide malgrado le difficoltà che una cultura che valorizzi le differenze e l’inclusività vada promossa e sostenuta .
In queste giornate, però, c’è stata una bellissima rete di scambio tra persone che a vario titolo si occupano di educazione alle differenze declinata nelle forme del contrasto alla violenza di genere, alle discriminazioni di genere, all’omo/trans-fobia e in quella più generale della promozione di un’educazione alla libertà, alla pluralità, forse più semplicemente all’autodeterminazione e al rispetto della ricchezza delle differenze. Uno scambio di esperienze, di idee, di progettualità di sguardi sulle risorse e sulle difficoltà, sulla possibilità di interfacciarsi con le istituzioni e sulle annesse criticità. Potrei riassumere quanto è accaduto in questi due giorni, brevi quanto ricchi, come un primo passo verso la possibilità di mettere in relazione realtà tra loro differenti in un confronto su pratiche e buone pratiche, con la speranza e il desiderio comune di farlo continuare, raffinarlo e consolidarlo.
Forse uno degli aspetti di maggiore ricchezza di queste due giornate è stato proprio il fermento di scambio di idee, punti di vista, sguardi diversi su una realtà necessariamente variegata e ad oggi un po’ parcellizzata e la voglia di mettere a sistema tutti i diversi frammenti per strutturare interventi che seguano delle linee comuni .
Come ogni esperienza fatta di gente di proposte e di scambi dal basso “Educare alle differenze” ha portato con sé anche una bella componente emotiva. D’altra parte è essenziale per continuare a muovere iniziative che incontrano resistenze tali da assumere la connotazione di una battaglia. Si sono respirate belle emozioni, voglia di comunanza e di collaborazione, un clima organizzato e al contempo molto familiare e accogliente forse dettato da obiettivi e sensibilità comuni, nonostante l’eterogeneità delle associazioni aderenti.
E allora concludo il mio racconto condividendo un po’ delle emozioni che mi sono portata a casa, che riassumerei in: una buona dose di entusiasmo , una grossa carica di voglia di fare e di energia positiva, quella bella che muove le idee e la loro realizzazione, quella che ti viene dalla consapevolezza che ci sono tante altre teste in giro per l’Italia che, da professionisti, da militanti, da artisti, da ricercatori, cercano di promuovere l’educazione alle differenze e una cultura del rispetto , una piacevolissima sensazione di “colore” e un enorme grazie a tutte, a tutti e all’infinità di configurazioni possibili che ci stanno in mezzo.
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