«La campagna contro la presunta “ideologia del gender è una vicenda terribile dal punto di vista politico – sostiene Anna Maria Crispino, direttrice della rivista «Leggendaria», uno dei media partner di «Educare alle differenze» — Tiene insieme il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, i matrimoni gay e la partita dei movimenti Lgbtqi e l’educazione alla sessualità nelle scuole sulla quale il mondo cattolico intende mantenere l’egemonia. Questi elementi sono strettamente intrecciati in una battaglia contro tutte le differenze, non solo quelle di genere, per garantire il controllo capillare del territorio attraverso il sistema scolastico. Il perno del fronte cattolico pro vita sono i vari Giovanardi, Formigoni o Gasparri. Hanno avuto un buon spin doctor. L’invenzione di questa dicitura — “ideologia del gender” — è stata efficace, molto diretta, sembra che sia passata nel senso comune. È stata una mossa comunicativa molto importante».
Come si risponde a questa offensiva ideologica?
Non bisogna accettare la nominazione di «ideologia del gender». Se lo si fa se ne riconosce l’esistenza. Si tratta di una semplice etichetta di marketing usata per una battaglia politico-ideologica.
L’educazione alle differenze invita a non considerare naturale la divisione dei ruoli sociali tra maschile e femminile. È questo che dà fastidio al Vaticano e alla Cei?
Sì perché tocca un punto per loro fondamentale: quella che ritengano sia la famiglia naturale fondata sulla differenza biologica tra uomo e donna. Senza arrivare agli estremi della loro bestia nera, Judith Butler per la quale il «gender» è attività performativa, non sopportano la semplice messa in discussione del genere sessuale come portato sociale e culturale. Dal loro punto di vista, se neghi questa identificazione dei maschi e delle femmine, neghi la famiglia naturale e apri la porta al transgender o ai matrimoni gay.
Come giudica la reazione dell’intellighenzia laica e del femminismo?
Il femminismo mainstream mi sembra sia stata piuttosto latitante. C’è invece interesse nel mondo del femminismo più attento a quello che fanno le giovani donne tra i 30 e i 40 anni che si sono organizzate in cooperative e lavorano in modo affermativo. Loro vogliono un altro genere di formazione e sfuggono alla rissa «gender si/no». Trovo l’azione di Scosse e degli altri gruppi straordinariamente intelligente. Ritengo invece disdicevole e politicamente suicida il silenzio della sinistra di governo e di quella radicale. Continuano a pensare che le differenze riguardino solo le donne e non capiscono che si sta giovando una grande partita pratica e simbolica.