Chi odia il femminismo può combattere il femminicidio? Il caso Isabella Rauti
“Femminista non sono mai stata (…) femministe non lo siamo mai state e neanche post-femministe, perché del femminismo storico abbiamo respinto le parole d’ordine, i costumi, le mentalità (…). Quello che proprio non posso condividere del femminismo è lo spirito di liberazione che antepone la conflittualità tra i sessi alla complementarietà dei sessi, e vuole l’eliminazione dei ruoli di genere e la cancellazione delle identità maschili e femminili”
Lo scrive la neonominata Consigliera per le politiche di contrasto della violenza di genere e del femminicidio, Isabella Rauti, figlia di Pino Rauti, a sua volta ex Fronte della Gioventù, ex Msi, ex Movimento Sociale Fiamma Tricolore, ex Alleanza Nazionale.
Da ultimo ex consigliera del Lazio, indagata per concorso in abuso d’ufficio assieme ad altri membri dell’Ufficio di presidenza della Regione Lazio.
Isabella Rauti è stata scelta ”per l’alta professionalità e per il costante impegno nel delicato settore” – ha dichiarato alle agenzie il ministro dell’Interno, Angelino Alfano – aggiungendo che “la nomina dimostra l’attenzione del governo nei confronti di queste gravi problematiche”.
On line è disponibile anche un articolo di Rauti scritto dopo la manifestazione del 13 febbraio 2011, promossa dal comitato Se non ora quando in tutte le piazze italiane.
Sulle pagine del Giornale la moglie di Gianni Alemanno criticava le partecipanti ai cortei, complici di un sistema malato in quanto esponenti di una tradizione politica che voleva “scardinare le agenzie educative come famiglia e scuola, sostenendo l’aborto, il divorzio e i Dico”.
Si può fare a meno della cultura femminista per contrastare la violenza sulle donne? Una destra familistica, arrogante e securitaria può lottare contro il femminicidio? La risposta del nuovo governo è sì.
Monica Pasquino (Presidente Associazione S.C.O.S.S.E)
Pubblicato il 10/06/2013 su http://goo.gl/TJsvN
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