Non possiamo di certo sorprenderci di quanto il calcio italiano sia pervaso dal maschilismo più becero né del sessismo che permea le trasmissioni (sportive e non) italiane con la sfilza di episodi successi negli ultimi giorni. Non sono lontani infatti i tempi in cui Felice Belolli, all’epoca Presidente della Lega Nazionale, definiva le giocatrici della nazionale “quattro lesbiche” alle quali bisognava smettere di dare soldi. Non possiamo sorprenderci no, ma
dobbiamo arrabbiarci e dobbiamo parlarne.
Il sessismo nello sport nazionale è emblema di quello che esiste e resiste in Italia ma è anche strumento per sovvertire e contrastare gli stereotipi di genere. Perché? Perché le cose stanno cambiando: le calciatrici hanno più spazio rispetto a qualche anno fa sul campo da gioco e in televisione. Non sono più disposte a subire discriminazioni restando in silenzio e nella vita, come sui social, rispondono agli attacchi. Le atlete della nazionale, così come quelle degli altri sport nazionali, stanno rivendicando l’accesso al professionismo: perché una donna in Italia, per definizione, può fare sport solo per diletto…ricordiamolo (gli sport femminili infatti non predevono il professionismo, con evidenti ripercussioni sulle retribuzioni salariali e sui diritti delle sportive.) Non si ottengono ancora le risposte sperate dalle federazioni e dal Coni, è vero. Siamo ancora lontane. Le calciatrici però continuano a lottare e lo fanno a colpi di goal, conquistando l’accesso al Mondiale di Francia 2019.
C’è ancora tanta strada da fare. E ancora tanto volta stomaco da provare, ci perdoni Collovati per la citazione. Siamo pronte sì a provarlo, poiché sappiamo che l’autodeterminazione in questo paese innesca resistenze e reazioni ancora violentissime, ma non a sopportarlo sia chiaro!
Non sopportiamo la palese violenza di Insigne nei confronti della moglie, non sopportiamo gli attacchi sessisti (espliciti o finti benevoli che siano) a Wanda Nara nel suo ruolo di procuratrice oltre che moglie, non sopportiamo Costacurta che rilancia sui social e afferma che se fosse stata sua moglie l’ avrebbe cacciata di casa da buon marito padrone, non sopportiamo che Collovati affermi in una trasmissione pubblica che una donna non può capirci di tattica come un uomo e che anche solo fare un tale pensiero gli provochi il volta stomaco. Ma soprattutto non sopportiamo che una trasmissione reputi una violenza domestica uno scherzo del quale ridere; non sopportiamo che i/le presenti in studio ridano di fronte ad affermazioni dichiaratamente sessiste e che la Rai prenda dei provvedimenti così blandi (due settimane di sospensione) in seguito a tali affermazioni e, oltretutto, in assenza di scuse pubbliche. Siamo arrabbiate e pensiamo sia necessario parlare e nominare la violenza con il proprio nome, senza che nessun* ci dica che stiamo esagerando o che era uno scherzo.
Se alziamo lo sguardo e guardiamo poi oltre i confini nazionali, sentiamo rimbombare per un intero stadio i cori dei tifosi e delle tifose della squadra femminile del
Real Sociedad de Fútbol e ci accorgiamo che, laddove una società sportiva investe nel settore femminile e fa delle scelte in un’ottica di parità, il cambiamento arriva e la vittoria finale è davvero di tutte e tutti.
Invitiamo quindi tutt* a partecipare al terzo appuntamento dello sciopero femminista globale lanciato dal movimento
Non Una Di Meno per l’8 marzo! Perché la violenza patriarcale si articola in molteplici forme e genera sempre discriminazioni, mai slegate dallo sfruttamento del lavoro e della riproduzione sociale.