“Scosse” anti-stereotipi: la bella fatica di “educare alle differenze”
di Manuela Perrone
Anche per combattere gli stereotipi ci vuole metodo. Soprattutto se la missione è quella di portare la lotta dove può dare i risultati migliori: nelle scuole, tra bambine, bambini e adolescenti. Lo sa bene la squadra di Scosse, associazione di promozione sociale nata a Roma nel 2011 dall’idea “sovversiva” di un gruppo di ragazze. «Volevamo provare a costruire un’organizzazione che partisse dall’università per portare nella società tutto il lavoro sugli stereotipi e di contrasto alle discriminazioni», racconta la presidente Monica Pasquino. «Volevamo che l’eccellenza universitaria si aprisse al mondo della scuola». Da allora Scosse ha prodotto dal basso tanti piccoli terremoti: la rete nazionale “Educare alle differenze”, animata da migliaia di insegnanti , formatori, educatori, professionisti dell’educazione e genitori; una ricca bibliografia di letture senza stereotipi per l’infanzia e per l’adolescenza; mostre itineranti; progetti in oltre cento scuole d’Italia per la prevenzione della violenza di genere e del cyberbullismo. Ma Scosse è anche stata oggetto di quelle che Pasquino definisce «campagne diffamatorie»: attacchi e accuse in nome dell’inesistente “teoria gender”. Segno che l’educazione alle differenze in Italia è una strada ancora impervia, lastricata di nemici giurati.
Il sogno di Scosse prende corpo alla facoltà di Lettere, all’interno di un collettivo. E diventa un progetto scritto quando un amico di Monica le segnala un bando di ItaliaLavoro per spin off universitari. Il team di partenza originario annovera quattro donne: oggi di quel nucleo sono rimaste Monica e la vicepresidente Sara Marini, che però lavorano con altre 13 persone, tra cui due uomini. L’idea è l’unica di stampo umanistico a vincere il bando e l’incubazione nel parco scientifico di Tor Vergata. Da lì 10mila euro, un corso di amministrazione, un altro fondamentale di progettazione europea. E la nascita dell’associazione, che comincia a operare con piccoli bandi e via via cresce. Oggi sta realizzando un progetto europeo da 200mila euro con mille studenti delle scuole medie di Roma per la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo.
I punti di forza sono subito evidenti. Il primo è la varietà degli apporti: in Scosse operano esperti di didattica dell’arte, di letteratura e illustrazioni per l’infanzia, di linguaggio. Ci sono pedagoghe e psicologhe. Qualcuno è specializzato su Internet, perché per lavorare con ragazze e ragazzi bisogna conoscere i social che frequentano, le app con cui hanno dimestichezza. Per tutti è un secondo lavoro, ma non è volontariato. Monica è l’unica filosofa, vanta un post dottorato a Stanford in studi di genere ed è responsabile del settore adolescenza. Sara è laureata in lettere, con una tesi in filosofia del linguaggio, e segue il settore infanzia. «Siamo molto diverse – dice Monica – ma questa è stata la nostra ricchezza. In comune però abbiamo il fatto di essere due visionarie: siamo riuscite a guardare più in là e a darci fiducia reciprocamente. È importante capire insieme quali sono i bisogni inespressi della società a cui si deve dare spazio».
Insegnare a rispettare la diversità è apparso a entrambe “il” bisogno da soddisfare. Con metodo, si diceva. Scosse ha sviluppato metolodogie specifiche per la formazione degli insegnanti, dalle scuole dell’infanzia ai livelli superiori, e per il confronto con bambini e ragazzi. Ha creato il catalogo online “Leggere senza stereotipi”, una miniera per chi cerca libri di alta qualità per bambini e ragazzi che scardinino gli stereotipi di genere e di ruolo. Monica sintetizza così obiettivi e metodologie: «Il nostro lavoro è promuovere libertà, fare in modo che la scuola sia di tutte e di tutti. Si tende a pensare che non ci siano norme e stereotipi nelle classi, invece ci sono eccome: quelli che ci sono nella società, quelli riportati nei libri di testo, quelli che le ragazze e i ragazzi si trasmettono a vicenda. Però crediamo che l’obiettivo della scuola pubblica sia quello di essere plurale. E quindi proviamo a instillare il dubbio che si è tutti uguali, anche se a te piacciono alcune cose che di norma devono piacere al sesso opposto, anche se vivi sensazioni che credi siano inappropriate». Violenza di genere, omofobia, bullismo e razzismo viaggiano lungo lo stesso asse: i pregiudizi. Sfatarli è la mission di Scosse. «Lo facciamo attraverso metodologie laboratoriali: giochi, simulazioni, movimento. Modi per riflettere in modo molto poco didascalico. Per aprire spazi di rappresentazione, non per fornire una ricetta alternativa a quella vigente. Non per porre a una norma una contro-norma».
Il momento di sintesi che Pasquino definisce “politico-culturale” è l’incontro nazionale “Educare alle differenze”, che dal 2014 è diventata una vera e propria rete di associazioni. «Ci permette di disseminare le buone pratiche e di premiarle. Si fonda su una call pubblica con cui selezioniamo gli interventi migliori». Nel 2018 si terrà a Palermo, il 29 e il 30 settembre: la prima volta al Sud. Dal suo osservatorio privilegiato, Monica non ha dubbi su quale sia la debolezza della scuola come agente di libertà, anche dagli stereotipi: «Sorprende e inquieta vedere quanto i docenti si sentano svalutati, quanto si sia perso il rapporto di fiducia tra genitori e corpo insegnante. Le diffamazioni legate alla presunta teoria gender trovano spazio proprio perché la classe docente è scarsamente autorevole. Basta manipolare uno spunto perché i genitori insorgano. Dirigenti e docenti, davanti a proteste anche assurde, ammettono di non riuscire più a convincere le famiglie della bontà dei loro progetti». L’omofobia dilaga. «È quella a dominare», dice Monica. «La paura principale è che l’omosessualità si possa trasmettere, come un contagio».
Scosse lavora con le maestre e le educatrici delle scuole elementari e dell’infanzia e, in maniera più integrata, alle medie, “triangolando” tra genitori, docenti e allievi. Impressioni? «Al Sud gli stereotipi legati alle tradizioni culturali, come quello delle donne che stanno a casa e non lavorano, sono ancora più forti rispetto alle grandi città. Ma osserviamo soprattutto un’altra cosa: nei piccoli centri tengono i presìdi fisici di socializzazione per le ragazze e i ragazzi, dall’oratorio alla piazzetta. Nei grandi centri il cyberbullismo è molto più diffuso, come la dipendenza dal mondo online. I genitori reagiscono con controlli e divieti sugli smartphone, spesso poco efficaci. I docenti spesso non sono preparati a educare all’uso responsabile di Internet». I consigli a madri e padri: «Parlare, discutere, riflettere su quanto può dare fastidio una presa in giro, di come nascono le offese anche tra grandi. Ricordare che i figli imitano. Voi come lo usate il telefono?». Le raccomandazioni agli insegnanti, invece? «Con loro parliamo dei social network più recenti, gli mostriamo come funzionano, quali sono i rischi. Cerchiamo di far capire che per i ragazzi lo strumento dell’immagine è una caratteristica dell’identità in un senso più stretto rispetto alle altre generazioni».
Esplorare la rappresentazione del corpo e della sessualità nei libri per la fascia 0-18 è l’obiettivo dell’ultimo progetto nato in casa Scosse, “Fammi capire”, ideato in collaborazione con la libreria romana Ottimomassimo. Un viaggio alla scoperta dell’educazione emozionale e affettiva nei libri illustrati, che per ora è una mostra bibliografica itinerante (la prima tappa sarà a Bologna il 26 marzo, in occasione della Bologna Children’s Bookfair) e che è in cerca di finanziamenti per effettuare un’indagine e una rilettura critica dell’offerta editoriale per bambini e adolescenti in Italia e all’estero. «Il corpo – spiegano i promotori – è il nostro strumento principale, il detonatore dei nostri stati emotivi, la prima immagine che forniamo di noi stessi e noi stesse. Difficilmente però una riflessione sul corpo, visto e usato troppo spesso come veicolo di seduzione e messaggi sessisti, si trasforma nelle famiglie e nelle scuole in un’analisi approfondita su emozioni e sessualità o si apre a una prospettiva di genere». Un passaggio che sarebbe prezioso per la salute di tutte le relazioni, non solo di quelle educative.
Pubblicato il 26/02/2018 su Alley Oop- Il Sole24Ore
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