Una scuola “pubblica, laica e democratica”, che elimini gli stereotipi di genere ed educhi alle differenze. E’ questa l’esigenza forte emersa dalla due giorni che si è tenuta a Roma, nei locali della scuola Di Donato, lo scorso week end. Più di 500 persone, 200 associazioni da tutta Italia e 7 tavoli di confronto divisi per fasce di età scolare e per temi: sono i numeri di “Educare alle Differenze”, l’evento nato per iniziativa di Scosse (Roma), Stonewall GLBT (Siracusa) e Progetto Alice (Bologna) e che ha coinvolto un numero di partecipanti oltre le aspettative. Realtà lgbt, associazioni di genitori, gruppi di donne, blogger, psicologi e individualità che operano quotidianamente nella scuola e con i ragazzi si sono confrontati per mettere insieme esperienze e, soprattutto, per fare rete. Una rete che in tutta Italia porti avanti progetti e iniziative comuni, metta in condivisione strumenti e competenze, con lo scopo di far diventare l’educazione alle differenze prassi comune nella scuola italiana.
E per farlo, i circoli Arcigay presenti (Palermo, Catania, Milano, Pistoia, Bologna e Siena tra gli altri) e quelli Arcilesbica (tra cui Pisa) insieme ad Amnesty International, Adego, il Circolo Mario Mieli di Roma, GayNet, la Rete dei Genitori Rainbow, Famiglie Arcobaleno, le Case delle Donne, l’Aied, i Centri anti violenza, ma anche l’associazione Maschile Plurale, Rete Lenford e perfino le teologhe della Teologia Gender, da ieri sono rete e chiedono alle istituzioni, Ministero dell’Istruzione in testa, di essere riconosciuti come soggetto con cui confrontarsi e che di fatto svolge già attività che dovrebbero ricevere finanziamenti per i costi sociali che copre. Ma alla ministra Giannini si chiederà anche conto dei soldi spesi finora in progetti contro l’omofobia e le discriminazioni di genere, come gli opuscoli dell’Istituto Beck, misteriosamente scomparsi dal sito del dicastero.
“L’educazione alle differenze deve coinvolgere non solo i ragazzi, ma anche la formazione dei docenti che ne facciano metodo didattico” è stato detto durante la plenaria conclusiva da chi ha portato i resoconti dei tavoli di lavoro, che hanno mostrato un sentire comune rispetto al difficile momento che la scuola pubblica attraversa, inclusa la totale assenza non solo di educazione sessuale, ma anche di educazione all’affettività e ai sentimenti. A partire dalla scelta dei libri di testo adottati nelle scuole, che spesso propongono stereotipi di genere, senza tralasciare l’educazione permanente, ovvero quella che avviene fuori dalle mura delle scuole e che incontra anche i ragazzi che, sempre più spesso, abbandonano il percorso d’istruzione, non di rado anche a seguito di fenomeni di bullismo non efficacemente contrastati, se non del tutto ignorati, dalle scuole. E ancora, la necessità di confrontarsi non solo con chi è già sensibile alle questioni legate al genere e all’orientamento sessuale, ma anche con le realtà più difficili dalle quali partire per innescare il cambiamento.
Un soggetto unico, dunque, consapevole dei molti ostacoli che quotidianamente dovrà affrontare, dentro e fuori dalla scuola.
E mentre dal Vaticano Papa Francesco predicava ai fedeli riuniti che “discriminare in nome di Dio è inumano”, dalle pagine di Tempi il presidente di Agesc (Associazione Genitori Scuole Cattoliche) Roberto Gontero, commentava l’evento romano paventando il “tentativo di inserire questi corsi (quelli di educazione alle differenze, ndr) nel programma curriculare, costringendo i genitori a ritirare i figli da scuola” e parlando di “attacchi alla scuola” oltre che di “indebolimento della famiglia” e di “visione sovversiva”.